La nuova frontiera dell’agricoltura rigenerativa nello studio Nomisma presentato al Food & Sciences Festival di Mantova

Market Intelligence

L’agricoltura rigenerativa è un approccio all’agricoltura che ha come obiettivo la rigenerazione e la salute degli ecosistemi agricoli. In particolare mira a migliorare la fertilità del suolo e la biodiversità, promuovendo sia la produttività che la sostenibilità a lungo termine. A differenza di altri sistemi, che tendono ad esaurire le risorse naturali, l’AR contribuisce quindi a ripristinarle, con evidenti vantaggi in termini di bilancio emissivo di gas effetto serra. Le pratiche dell’agricoltura rigenerativa, infatti, rafforzano il ruolo di carbon sink del suolo, con un gioco a somma positiva fra emissioni e rimozione di CO2.

Sono questi i principali spunti di riflessione evidenziati dall’analisi di Nomisma presentata all Food & Sciences Festival di Mantova, giunto alla VII edizione, in occasione dell’iniziativa promossa da Syngenta “Open Science – Salute del suolo, cambiamento climatico e produttività agricola: parliamo di agricoltura rigenerativa”. 

Alla tavola rotonda, moderata da  Deborah Piovan, imprenditrice agricola e divulgatrice, hanno partecipato: Massimo Scaglia, Amministratore Delegato Syngenta Italia;  On. Maria Chiara Gadda, Vicepresidente Commissione Agricoltura, Camera;  On. Raffaele Nevi, Segretario Commissione Agricoltura, Camera; Alessandra Cappellari, Segretario Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale Lombardia; Ersilia di Tullio, Head of Strategy Advisor, Nomisma;  Vincenzo Tabaglio, Professore del Dipartimento di Scienze delle produzioni vegetali sostenibili Università del Sacro Cuore di Piacenza e membro SETA (Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura); Stefano Brenna, Responsabile Settore Ricerca e Innovazione, ERSAF, Regione Lombardia;  Amedeo Reyneri, Professore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università di Torino; Stefano Vaccari, Direttore Generale CREA; Giovanni Gioia, Imprenditore agricolo e Presidente Anga (Giovani di Confagricoltura); Antonio Dente, Responsabile agronomico Az. Mastroberardino; Giovanni Povero, Global Head of Plant Science Syngenta Biologicals – Valagro.

L’agricoltura rigenerativa contribuisce a conseguire gli obiettivi del Green Deal

Con il Green deal nel 2019 l’Unione Europea si è posta l’ambizioso obiettivo di conseguire la neutralità climatica nel 2050: Da allora ad oggi, si sono susseguiti numerosi interventi normativi che puntano al conseguimento di questo obiettivo e che spingono verso la transizione ecologica. Nel caso del sistema agroalimentare il percorso è tracciato dalle strategie Farm to Fork e Biodiversity, che pongono la loro attenzione sull’intero sistema alimentare, dalla produzione al consumo, per renderlo più sostenibile, riducendo l’impatto ambientale, tutelando la salute umana, il benessere animale e garantendo la sicurezza alimentare. Tra i diversi obiettivi grande rilevanza hanno la riduzione delle emissioni di gas serra nell’agricoltura e l’inversione delle tendenza alla contrazione della biodiversità.

Il mondo scientifico europeo vede l’agricoltura rigenerativa come un promettente set di strumenti per conseguire gli obiettivi delle strategie F2Fe biodiversity” – ha introdotto Ersilia Di Tullio di Nomisma – “queste pratiche vanno quindi impiegate su ampia scala per garantire ampie ricadute e rilevanti benefici al sistema”.

Una chiave di lettura per l’agricoltura rigenerativa

L’analisi di Nomisma, che si è basata sulla bibliografia scientifica, ha messo in evidenza le specificità di questo modello agricolo.

Cosa fanno nel concreto le pratiche di agricoltura rigenerativa? Favoriscono la fertilità e la salute del suolo, ripristinano la naturale funzione di carbon skill dei suoli mitigando il cambiamento climatico, migliorano la qualità e la disponibilità di acqua e il ciclo dei nutrienti, aumentano la biodiversità, la salute e la resilienza degli ecosistemi. In queste condizioni è chiaro che sono anche rilevanti gli effetti a favore di una superiore produttività delle produzioni agricole. La sostenibilità è quindi intesa sia in termini ambientali, che sociali ed economici.

Alla luce di questi risultati è chiaro il concetto di rigenerazione associato all’agricoltura. Il settore primario non è visto esclusivamente come fonte di impatti negativi sull’agrosistema, ma rovesciando un paradigma dominante, è in grado, invece, di generare rilevanti effetti positivi” ha osservato Ersilia Di Tullio, che ha perseguito “Poiché il focus è sugli obiettivi da raggiungere, il modello rigenerativo piuttosto che basarsi su prescrizioni e divieti propone un set di strumenti messi a punto e testati in campo su base scientifica e che, con approccio olistico, vanno calibrati in relazione alle diverse situazioni. Il punto di ingresso resta naturalmente l’attenzione al suolo”.

La forte matrice scientifica e una lettura delle sostenibilità a tutto tondo – ambientale, sociale e economica – fanno sì che l’agricoltura rigenerativa sia un tema inclusivo, che consente oggi di avere una piattaforma comune di lavoro in cui sono trasversalmente coinvolti tutti gli stakeholder: dal mondo della R&S, alle aziende agricole, dalle aziende del food (a anche non food) alle ONG, ai policy maker fino alle comunità civili.

Le principali pratiche dell’agricoltura rigenerativa e il rapporto con il tessuto ecologico – produttivo

L’agricoltura rigenerativa opera quindi su diversi ambiti, promuovendo diverse best practice. In primis l’attenzione al suolo passa per le tecniche di minima lavorazione e non lavorazione e per il mantenimento dei residui colturali nel terreno. Grande attenzione è anche posta al ruolo dei prati e dei pascoli, con pratiche che ne favoriscono una migliore gestione e/o che incentivano la conversione delle aree marginali a seminativi. Sono anche rigenerativi tutti gli interventi a favore della rotazione delle colture, le cover-crops, le consociazioni e le colture intercalari, l’utilizzo della fertilizzazione organica, l’uso razionale degli input chimici. Di grande impatto anche la forestazione, le colture perenni, passando per l’agro forestazione, cui si aggiungono la creazione di buffer zone per impollinatori, di fasce tampone di vegetazione permanente a protezione di aree sensibili e la tutela di habitat naturali o seminaturali ai margini dei campi o lungo i corpi idrici. Tutte queste pratiche, che favoriscono la salute del terreno, lo stoccaggio di carbonio sia nel suolo che anche nella parte epigea della pianta e che favoriscono la crescita della biodiversità vanno adottate su ampia scala, creando dei mosaici paesistici che si alternano nello spazio e nel tempo.

Il tessuto ecologico – produttivo italiano ha già in sé molti elementi dell’agricoltura rigenerativa” ha aggiunto Di Tullio. Nel nostro paese Italia il territorio coperto da foreste è oggi pari al 37% della superficie nazionale e sebbene inferiore alla media comunitaria (42%), è in linea o superiore con quello degli altri grandi player agricoli europei (32% Germania, 33% Francia) ed è in crescita. Inoltre la ripartizione della superficie agricola mostra come sia elevata la presenza di prati e pascoli (28%), di colture arboree (19%), mentre l’incidenza dei seminativi è pari al 53%, contro una media Ue del 61%. Infine le dimensioni di impresa in Italia sono di 12 ettari, nettamente inferiori a quelle degli altri partner UE (74 ettari della Francia, ai 63 ettari della Germania) e quindi in grado di garantire quella discontinuità che favorisce la biodiversità.

Sostegno all’agricoltura rigenerativa: PAC e carbon farming

L’importanza dell’agricoltura rigenerativa è sancita dal forte sostegno che queste pratiche riscuotono nella PAC, grazie alle risorse finanziarie comunitarie e nazionali. Diversi strumenti concorrono a promuoverla: dalla condizionalità rafforzata, agli eco-schemi fino agli interventi agroambientali dello sviluppo rurale.

In prospettiva un ulteriore elemento che gioca a vantaggio della sua diffusione è il fatto che le sue pratiche a favore della riduzione delle emissioni GHG ed il sequestro del carbonio nel suolo e nelle piante sono esempi concreti di carbon farming. I crediti di carbonio generati potranno quindi essere venduti sul mercato a organizzazioni che desiderano compensare le proprie emissioni o raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica, offrendo agli agricoltori un’opportunità di integrazione di reddito attraverso la mitigazione del cambiamento climatico e la fornitura di servizi ambientali legati all’assorbimento di carbonio.“In questa maniera il settore primario potrebbe offrire un cruciale contributo all’ambizioso obbiettivo di rimozione netta di 310 milioni di tonnellate di anidride carbonica proposto entro 2030 dalla Commissione Europea con il recente Regolamento 2023/857” – conclude Ersilia Di Tullio. 

Nomisma: analisi di mercato, osservatori e servizi di consulenza

La competenza e la professionalità maturate in decenni di attività permettono a Nomisma di proporre soluzioni efficaci in settori differenti, attraverso servizi di consulenza, report e progetti di crescita mirati realizzati da un team multidisciplinare.

In ambito agroalimentare, Nomisma realizza ricerche, analisi economiche e osservatori di mercato che consentono di monitorare i trend, gli scenari di riferimento e le performance di settore. 

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Immagine in evidenza di: Fahroni / Shutterstock

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