Sotto traccia, il potere d’acquisto torna positivo

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Bologna, 13 febbraio 2024 – Nel 2021 lo scoppio della tempesta energetica ha fatto galoppare l’inflazione italiana fino al picco, sul finire del 2022, dell’11,8%. Nel corso del 2023, l’inflazione è scesa tanto rapidamente quanto era cresciuta, quasi annullandosi al punto di assestarsi allo 0,8% a gennaio.
Va però sottolineato come i salari si muovano molto più lentamente del tasso d’inflazione con l’anomala conseguenza che, nel corso di questi ultimi tre anni, sono cresciuti molto lentamente durante la fase di crescita inflattiva e più velocemente durante la discesa dell’inflazione.

Se nel primo trimestre del 2021 la crescita salariale (+0,7%) era in vantaggio su quella inflattiva (+0,5%), nel secondo trimestre iniziava una lenta erosione del potere d’acquisto (+06% i salari; +1,3% l’inflazione). Con il passare dei trimestri l’erosione è diventata sempre più intensa allargando la forbice tra le due componenti, tanto che nel quarto trimestre del 2022 la distanza ha raggiunto il suo apice con la crescita salariale dell’1,5% e la crescita dell’inflazione dell’11,8%, solcando un differenziale di oltre dieci punti percentuali.

Nel 2023 i venti sono cambiati: la dinamica salariale ha accentuato la sua crescita ed il tasso d’inflazione ha rallentato, pur restandone superiore. In particolare, nel terzo trimestre del 2023 la forbice si era avvicinata, con la crescita salariale che registrava un aumento del 3,2 rispetto ad una crescita dell’inflazione del 5,9%. L’ultimo trimestre del 2023, infine, ci ha consegnato il sorpasso con una crescita delle retribuzioni del 4,8% rispetto ad una crescita dell’inflazione dell’1,2% facendo recuperare ai salari, in questo trimestre, tutto il loro potere d’acquisto.
Tutto a posto allora? Non proprio.

Veniamo da due anni e mezzo nei quali le famiglie italiane si sono sensibilmente impoverite, hanno dovuto attingere ai propri risparmi o fare ricorso al credito per pianificare acquisti particolarmente onerosi o imprevisti. Una ferita profonda, che avrà bisogno di tempo e stabilità per rimarginarsi” – commenta Lucio Poma, Capo Economista di Nomisma.

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