Indagine conoscitiva sull’impatto degli incentivi in materia edilizia

In occasione dell’audizione presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati tenutasi il 6 Settembre 2023, Nomisma è stata invitata a intervenire nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’impatto degli incentivi in materia edilizia. 

Il punto di partenza evidenziato nell’intervento di Marco Marcatili, Chief Development Officer di Nomisma, ha riguardato l’approfondimento degli effetti di una misura straordinaria nata non direttamente per rispondere ad esigenze di politica ambientale ma, piuttosto, per generare uno ‘shock economico espansivo’ in un momento di elevata preoccupazione per le conseguenze dell’ondata pandemica del 2020 sull’economia nazionale. 

Il provvedimento va quindi messo in relazione sia alle finalità (temporanee) per il quale è stato varato, sia rispetto all’esigenza di programmare e sostenere nuovi interventi di riqualificazione residenziale necessari per ottenere gli impatti attesi per la transizione ecologica ed energetica. Tale obiettivo non può prescindere dalle reali possibilità di finanza pubblica: seppure i benefici economici, sociali e ambientali del superbonus siano importanti e innegabili, la misura comporta un costo finanziario annuo netto per le Casse dello Stato.

Ad oggi, per i vari bonus edilizi messi in campo nel corso degli anni si contano 144 miliardi di crediti accumulati nei cassetti fiscali: 88 miliardi di Euro per il superbonus e 52 miliardi per gli altri bonus edilizi (tra i quali 25 miliardi per le facciate, 12 per l’ecobonus e per il bonus casa, 1,5 per il sisma bonus). 

A fronte degli 88 miliardi di spesa sostenuti per il superbonus, le stime Nomisma mostrano una produzione di valore economico – diretto, indiretto e indotto – superiore ai 200 miliardi di euro complessivi, pur con la consapevolezza che gli effetti sul gettito fiscale si potranno apprezzare solo sul lungo periodo. L’analisi d’impatto economico è stata condotta con l’utilizzo delle tavole input-output per stimare l’attivazione degli investimenti da superbonus sul valore della produzione, e non sul valore aggiunto, dei vari settori dell’economia. I coefficienti di attivazione diretta e indiretta sono stati pari complessivamente a 2,11, mentre il coefficiente di attivazione indotta è stato di 1,12, valori in linea con quelli utilizzati da altri istituti nazionali.

Sulla base dello studio prodotto da Nomisma, la misura ha generato un risparmio medio in bolletta di circa 1.000 Euro ad unità immobiliare, pari a 30 miliardi di Euro totali risparmiati alle famiglie. Inoltre, si rilevano un impatto occupazionale sulla filiera pari a circa 1.000 occupati e una riduzione di CO2 pari a circa il 50% rispetto alla situazione ex ante. Senza contare l’incremento di valore immobiliare determinato dagli interventi effettuati sugli edifici. 

Un metro di paragone interessante è rappresentato dai costi di transizione ecologica sperimentati dall’industria, pari a quasi il doppio rispetto alla transizione edilizia avviata dai bonus. 

Se da un lato va sottolineato il riconoscimento della casa come leva cruciale di politica ambientale ed ecologica, senza la quale le città italiane molto difficilmente potranno raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica e di miglioramento energetico imposti dall’Europa, alla luce dell’elevato impatto della politica legata ai bonus edilizi sul bilancio pubblico il punto centrale è oggi comprendere come sia possibile superare e riconfigurare i bonus casa, consapevoli che da un lato la Direttiva Case Green ci impone uno sforzo di riqualificazione di 1,8 milioni di edifici in 10 anni, dall’altro che con questa ondata senza precedenti di riqualificazione è stato efficientato solo il 4% del parco residenziale italiano. 

In particolare, per gli edifici residenziali, la direttiva europea sulle case green rende necessario il raggiungimento della classe energetica E entro il 2030 e della D entro il 2033. Pur venute meno le limitazioni, inizialmente previste, alla vendita di immobili non ottemperanti, è opportuno prendere seriamente la nuova regolamentazione europea, che fa parte del pacchetto di misure Fit for 55, parte essenziale degli obiettivi di neutralità climatica al 2050. Si pensi che nelle aree più densamente abitate del Paese, gli edifici sono responsabili anche fino al 70% delle emissioni di CO2. 

La direttiva impone di avviare il percorso e i Piani nazionali dei singoli Stati sono chiamati a individuare il 15% degli edifici più energivori su cui intervenire prioritariamente. Tutt’altro che una passeggiata visto che in Italia la gran parte delle abitazioni da riqualificare appartengono alla fascia meno abbiente della popolazione, che già deve fare i conti con l’inflazione e l’aumento del costo dei mutui

In questa prospettiva, secondo Nomisma si intravedono alcune condizioni imprescindibili per una strategia di riqualificazione del patrimonio edilizio credibile e compatibile con le esigenze di finanza pubblica:

  1. la reintroduzione della cessione del credito con lo sconto in fattura presso banche e altri intermediari, senza la quale i ceti meno abbienti, privi di capienza fiscale, rimarrebbero plausibilmente esclusi. È importante a questo riguardo sottolineare come non sia l’aliquota a rappresentare l’ostacolo alla riqualificazione, quanto lo strumento della cessione del credito per rendere concretizzabile la domanda di riqualificazione stessa, peraltro utilizzato anche dalle fasce più agiate.
  2. Il contenimento dell’entità economica dei bonus – non più al 110%, ma tra il 60-70% – e la differenziazione secondo un filtro ben definito. A questo proposito, l’idea di una commisurazione dell’entità del bonus fiscale in base ai livelli di reddito dei proprietari di casa è equa in linea di principio, ma rischierebbe di risultare poco efficace per le operazioni sui condomìni, per i quali serve la piena concordia tra i proprietari. 
    La parte di spesa per l’efficientamento che resterà sulle spalle delle famiglie sarà ricompensata dai risparmi energetici e dagli aumenti di valore delle abitazioni che, se non riqualificate, sarebbero destinate a deprezzarsi. Senza questo binomio – cessione dei crediti e incentivo flat – difficilmente l’Italia sarà in grado di soddisfare l’attesa di riqualificazione di almeno 6,5 milioni di famiglie italiane, secondo l’ultima indagine alle famiglie di Nomisma.
  3. L’introduzione di strumenti di tipo ESCo (Energy Service Company) sul privato ed EPC (Energy Performance Contract) sul pubblico al fine di incentivare il più possibile l’efficienza energetica e l’utilizzo dei risparmi come leva economica per finanziare l’intervento su un periodo medio-lungo. 
  4. La razionalizzazione dei bonus, escludendo quelli nati per contrasto di interessi e che non producono direttamente efficientamento energetico, concentrandosi in particolar modo sugli interventi di eco bonus e sisma bonus (in quest’ultimo caso, vincolandolo al salto di classi).





Immagine in evidenza di: True Touch Lifestyle/Shutterstock

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